lunedì 6 ottobre 2008

estate alle porte...

MARCO
20 giugno: estate alle porte, voglia di sole, di mare... voglia di vivere. Voglia di dimenticare, ma allo stesso tempo, tremenda voglia di perdonare e di amare. Si, avevo voglia di amare quella persona che mi aveva regalato le esperienze più belle della mia vita in soli 10 giorni. Quel 20 di giugno lo amai tutto il giorno, nella mia mente, e lo abbracciai, lo baciai sulla fronte... . e capii che ne mio subconscio l'avevo già perdonato da tempo, anche se c'avrei parlato lo stesso. Quella mattina mamma se ne andò presto per il lavoro.
Presi il cellulare, l'avrei chiamato all'istante.
"Pronto" rispose distratto
"Ciao Tommy... come stai?"
"oi Marco... io... tutto ok! Te?" mi chiese titubante ma visibilmente contento
"Mah, come sempre, non mi lamento insomma! Che fai oggi?"
"Boh! Sinceramente non lo so!"
"Vieni giù?" gli chiesi schietto.
"Ehm... va bene, ma a che ora?"
"Anche subito! Ci conto eh!"
"Ok, però dammi il tempo di vestirmi" disse ridendo. e certo che se fosse venuto nudo non mi sarebbe dispiaciuto!
"Ok, a dopo" risposi allegro.
Mi sentivo bene, finalmente dopo quattro giorni d'inferno mi sentivo bene. Questa volta però non avrei fatto la figura del coglione, e prima di concedermi a lui gli avrei parlato. Mi preparai in testa un gran discorso, zeppo di parole e frasi, ma già sapevo che quando sarebbe arrivato il momento mi sarei scordato tutto. Una mezzora più tardi suonò il campanello. Impaziente aprii la porta... mi si presentò davanti un omaccione dallo sguardo burbero, che mi diede la posta. "Che delusione, era solo il postino; ma quando arriva!"
E mentre pensavo tra me e me vidi arrivare in sella alla sua bici sgangherata ma ugualmente funzionante, quello che stava a poco a poco diventando il pensiero fisso delle mie vacanze, peraltro appena iniziate. Mi lanciò un sorriso, baciato da un raggio di sole mattutino, e quasi fui colto da una immotivata gelosia: solo io potevo baciare Tommaso!
Scese dalla bici, si diresse verso di me, e già gli occhi sembravano sorridere insieme a lui. Mi salutò, lo invitai ad entrare fino in camera mia. Ancora una volta tentò il suo trucchetto, avventandosi sulle mie labbra ed insinuando le sue mani anziose in posti che quel giorno avrei preferito non lasciargli esplorare; riuscii a resistere e lo respinsi, come mi ero ripromesso di fare.
-P... perchè?- chiese Tommaso spiazzato
-Non pensi sia meglio parlare prima?-
-Pensavo fosse tutto risolto, sai... per quella cosa- rispose divagando e abbassando lo sguardo.
-No, non abbiamo risolto un bel niente, non pensare che una stupida pompa possa risistemare tutto.- No, non era stata solo una stupida pompa, almeno per me; bensì il mio primo e bellissimo approccio col sesso, ma questa non potevo dargliela vinta, non a lui che pensava fossi il suo oggettino, da spompinare a suo piacimento e prendere in giro appena si fosse presentata
l'occasione.
- Senti- continuai pacando però il mio tono -non voglio chiudere tutto così, e te l'ho detto, ma non mi va neanche di essere uno dei tanti con cui te la fai-
Glielo dissi esplicitamente, ero fatto così, se ero arrabbiato, o quantomeno alterato, non mi facevo scrupoli con le parole, ma forse quella volta avevo esagerato.
- Marco, ti ho spiegato la mia situazione, e ti assicuro che ne uscirei volentieri, ma ti giuro che non voglio prenderti in giro. Cosa posso fare per sistemare?- chiese con lo sguardo del cane bastonato.
- è troppo se ti chiedo di scegliere?
- Ma se sono qui, vuol dire che la mia scelta l'ho già fatta, che pensi?- concluse quella creatura che aveva fatto irruenza nella mia vita così, per caso, per non uscirne mai più.
-D... davvero?- chiesi con lo sguardo di un bambino che stenta a credere a Babbo Natale.
- Te lo giuro-
Ragazzi, è inutile descrivervi la scena successiva, potete immaginarla da voi: fu il bacio più bello della mia vita, almeno fino ad allora. Forse sarei caduto di nuovo nel suo tranello, che forse non era neanche un tranello, nè lo era mai stato. Forse era veramente amore... amore... amore. Avrei potuto ripetere quella parola nella mia testa almeno un miliardo di volte e tanto non mi sarei stufato di sentirla. Forse mi sarei dovuto fidare ancora una volta, infondo cosa sarebbe potuto succedere?
Lo feci, mi fidai di Tommaso, e non me ne pentii, nè allora, nè oggi.
Intanto il nostro bacio ci aveva trasportato sul materasso, in lattice per via della mia asma, ed aveva aggrovigliato i nostri corpi in una posizione decisamente scomoda, ma nella quale sarei rimasto in eterno. Le nostre lingue si staccarono e ci guardammo ansimanti, tentando l'uno di leggere lo sguardo dell'altro.
T... ti... ti va di fare l'amore?- mi chiese fissandomi con gli occhi ceruli socchiusi.
"Che parolone" pensai tra me. Certo che lo volevo, ora più che mai, ma chiamarlo amore forse era un pò azzardato. Ma ovvimente non era giusto neanche chiamarlo "stupida pompa", come avevo fatto io qualche minuto prima.
-Ok- risposi senza mostrar troppo la mia incredibile voglia di amarlo, di averlo solo per me.
Si alzò dal letto ed andò a frugare nella borsa celeste. Estrasse la mano, stringendo preziosamente un oggetto che non avevo mai visto prima, un oggetto che avevo sempre sentito nominare con estrema ristrettezza. Solo quando lessi la scritta "durex", cominciai ad avere paura, cominciai a farmi mille domande. "Ma cosa intendeva per amore?", "Sarei stato all'altezza?", "cosa avrei dovuto fare?". Per tutte queste domande trovai un unica, semplice risposta: vuoto totale.
Tommaso notò il mio sguardo spiazzato.
-Che c'è?- chiese cercando di capire
- No è che...-
Non continuai subito. "Buttati e basta" mi dissi alla fine.
-Niente, ti voglio bene!- improvvisai. Mi sorrise lasciandomi l'ennesimo bacio sulle mie labbra da fanciullo.
Intanto Tommaso cominciò a sbottonarmi i jeans... ed io? cosa avrei dovuto fare?
"Dai Marco improvvisa ancora" mi dissi. Cominciai anch'io ad imitare quello che stava facendo lui. M'insiniai nelle sue zone erogene, che già mi segnalavano il loro apprezzamento. Ci sfilammo i calzoni a vicenda, e già intravedevo il pene di Tommaso in quasi completa erezione. Dalla serranda semi-chiusa, un raggio di sole ficcanaso sembrava volerci spiare, ma non riuscì a fendere la solidà intimità che aggrovigliava i nostri giovani corpi, ormai completamente nudi.
Tommaso sfilò l'oggetto dalla confezione e lo poggiò sul glande che svettava, violaceo, sulla cima del mio pene. Fece scorrere l'oggetto, viscido e freddo, per tutta la lunghezza del membro, poi mi regalò l'ennesimo bacio. Si distese su un fianco e mi accompagnò dietro di lui con le mani. Non servivano le parole in quel momento, i gesti bastavano a farmi intendere. Ci trovammo tutti e due distesi sul fianco destro, io dietro di lui. Mi prese lentamente la mano e se la portò alla bocca, cospargendo i diti indice e medio della sua saliva. Non capivo esattamente cosa stesse facendo, ma non m'importava. Ad un tratto fece scendere la mia mano lungo lungo l'addome, poi giù fino alle gambe fine e minute, e ancora più giù, là dove l'amore non conosce confini.
- Dai, possiedimi...- disse sibilando, quasi a non voler svelare al mondo il nostro segreto.
Portai il mio sesso vicino alle sue natiche da fanciullo per unirmi al suo corpo, come lui stesso, con delicato pudore, mi aveva chiesto di fare. Feci scorrere ,guidato dalle sue mani calde, la mia verga dentro il suo corpo, accompagnato da un lungo brivido, con lenti gesti mi ritrovai col pene completamente dentro d lui. Adesso eravamo, finalmente, l'uno parte dell'altro, stetti e fusi nel materasso troppo piccolo per due persone, ma fin troppo grande per il nostro abbraccio. Cominciai a prenderci mano, in fondo il sesso non era difficile, l'amore, quello magari si.
Feci passare la mia lingua sul suo collo, e un odore di shampoo alla pesca m'invase le narici.
Mentre lo possedevo, Tommaso tentava di girarsi, per rubarmi l'ennesimo bacio e dimostrarmi ancora che stavo facendo la cosa giusta; I nostri sospiri, dapprima leggeri, si fecero più pesanti, mentre cominciavo a prendere coscienza e coordinazione dei movimenti.
-Fermo- mi disse -rimaniamo così per un pò, sono stanco- continuò. E mi suscitò un senso di tenerezza. Rimasi dentro di lui, mente lo abbracciavo teneramente. Sentivo i mei peli pubici carezzare dolcemente le sue natiche rosee, che avvolegevano la mia asta di un calore .Ogni tanto Tommy lasciava un bacio sulle mie mani, che per tutto il tempo non avevano smesso di carezzare il suo viso angelico.
Carezzai delicatamente le sue natiche minute come quelle di un neonato, mentre il mio pene scorreva dentro il suo corpo.
Sì, facemmo l'amore quel giorno, e rimanemmo abbracciati... Mi regalò l'orgasmo più intenso della mia vita.
e fu quando ci guardammo negli occhi che Tommaso mi disse con estrema disinvoltura:
-Io c'hoffame!-
-Sai, anch'io!!!- risposi sorridendo
Così ci alzammo dal letto, scherzando e lanciandoci pizzicotti, mentre quel raggio di sole continuava a spiarci dalla serranda semi-chiusa... sulla mia pelle un nuovo odore: l'odore del sesso.

TOMMASO
20 Giugno, un giorno all'entrata dell'estate, solite paure, ma anche una grande ed indescrivibile voglia di rivedere Marco anche solo per cinque minuti, di riabbracciarlo, baciarlo.
E fu proprio mentre mi masturbavo per l'ennesima volta pensando a lui, che il cellulare fece irruzione nella mia intimità e mi riportò tempestivamente al mondo reale.
Da pochi giorni avevo cambiato cellulare e quindi la maggior parte dei numeri salvati su di esso se ne erano andati al diavolo; pensai subito che fosse Mamma, ma quando risposi e sentii quella voce dall'altra parte della cornetta, rimasi di stucco.
"oi Marco...io... tutto ok, te?" risposi titubante ed ancora incredulo che fosse proprio lui, Marco, il mio angelo.
Mi chiese se avevo da fare. Sì, sarei dovuto andare da un mio amico, Giovanni, per giocare con la nuova ps (play station), ma stare con Marco era molto meglio, così dissi al mio amico che c'era stato un contrattempo e non sarei, quindi potuto andare! Finalmente ero libero, pronto per vedere di nuovo Marco. Sarei, infatti, dovuto andare da lui all'istante, così mi infilai la tuta nuova e le scarpe da ginnastica, saltai in sella alla mountain bike vecchia e logora e mi diressi da lui, con in spalla il mio fedele zainetto.
Arrivai davanti casa di Marco; la sua sagoma di Marco svettava dal vialetto dell'abitazione, irraggiata dal vivido sole di giugno. Posai il mio veicolo, lo salutai ed entrai in silenzio. Arrivati in camera un brivido d'eccitazione mi percorse la schiena, accompagnato da un irrefrenabile impeto di baciare le sue labbra; ma proprio quando stava per esserc il fatal contatto Marco mi bloccò ed un nuovo brivido mi percorse la schiena, ma questa volta fu un brivido d'angoscia. La prima parola che mi uscì fu:
-P...perchè?
- Non pensi sia meglio parlare prima?- mi seccò lui
Pensavo che tutto si fosse risolto dopo ciò che era successo, ma lui disse di non voler essere uno dei tanti con cui me la facevo. Mi sentii ferito, mi fece sentire una troia, pensava che mi divertissi a vendere me stesso, ma non capiva che ero entrato in un tunnel buio e lunghissimo, del quale non riuscivo a trovare l'uscita. Sì, gli avevo mentito, l'avevo in qualche modo ingannato, ma quel giorno ero deciso più che mai a cercare la luce in quel tunnel, e volevo cercarla insieme a lui. Glielo dissi, gli dissi che avevo fatto la mia scelta... sembrò credermi e mi guardò con un'aria dolce e spaesata, ed ancora una volta si innescò nei nostri occhi quell'aria d'intesa che era riuscita a farci scambiare il primo, indimenticabile bacio. Avanzò verso di me ed io socchiusi gli occhi, ci scambiammo uno sguardo fugace, prima d'immergegci in un bacio... un bacio profondo, carnale. Mentre la mia lingua profanava le sue labbra, la mia mano scorreva sui suoi genitali. L'ingenua purezza che ricopriva il suo corpo la si poteva percepire dai movimenti maldestri e talvolta scoordinati, che contribuivano a renderlo un bambino, come infondo lo ero anch'io. Sì, un bambino che, troppo presto, aveva scoperto quella realtà che i grandi chiamano tutti "Sesso", e che ora era là, per farla conoscere anche all'altro bambino, ma in un modo decisamente migliore.
-T...ti... va di fare l'amore?-
-ok-
Slacciai i freddi bottoni della patta uno ad uno, mentre ormai eravamo aggrovigliati nel letto sfatto. Fece lo stesso con me, stava imparando...
Ci trovaammo finalmente nudi, corpo a corpo, anima contro anima, mentre i nostri sessi si urtavamo, irrequieti e caldi. Presi dallo zaino un durex, e Marco mi guardò con aria interrogativa, come se non comprendesse qualcosa.
-Che c'è?- gli chiesi allora io
No... è che- incespicò inizialmente
-Niente, ti voglio bene!- concluse, infine.
Gli infilai l'oggetto per tutta la lunghezza del pene, lo portai dietro di mi, disteso, sul fianco destro. Gli presi delicatamente la mano, e lo guidai come un fratello maggiore. Leccai i suoi diti lunghi e ossuti e poi li feci scorrere lungo il ventre, e ancora più giù, fino alle natiche, e nelle mie più profonde intimità. Lasciai che il dito scivolasse dentro di me, poi cominciai a guidarlo in movimenti ritmici...
-Dai, possiedimi- gli chiesi allora all'orecchio, come a non voler svelare a nessuno il nostro segreto. Presi dunque la verga nodosa e calda tra le mani e la portai dietro di me, poi cominciai a spingerla dentro di me, aiutato anche dalle sue spinte incerte.
Un lungo brivido percorse la mia schiena quando le nostre carni ansiose entrarono in contatto.
Ce l'avevamo fatta; ora, finalmente, eravamo l'uno parte dell'altro, e niente e nessuno poteva impedirlo.
-Fermo- gli ordinai poco dopo... non volevo che tutto finisse troppo presto e che un orgasmo prematuro ci rubasse quella magica atmosfera ; gli chiesi di rimanere dentro di me, in silenzio. Mentre mi carezzava dolcemente le natiche rosee il mondo esterno s'intravedeva appena dalla serranda semi-chiusa; Marco stava imparando in fretta, e mi piaceva essere il suo maestro di sesso. I suoi caldi testicoli si scontrarono coi miei, provocandomi un brivido lungo la schiena; ad un tratto mi afferrò i fianchi, poggiò il mento sulla mia spalla ed intraprese un ritmo più veloce, mentre i nostri sospiri si fondevano, per svanire poi nell'aria calda di quell'indimenticabile mattinata di giugno. Riuscii ad avvertire l' orgasmo dalle contrazioni del suo membro...
uscì dal mio corpo silenziosamente, proprio come vi era entrato; non concluse il tutto insultandomi, come avevano fatto gli altri, ma stringendomi a sè. E fu quando ci guardammo negli occhi che gli dissi sorridendo:
-Io c'hoffame!
-Anch'io- rispose sorridendo anche lui
Mi alzai, andai in bagno per ascigarmi lo sfintere, ancora bagnato di saliva e mi vestii, con ancora addosso il suo odore.

continua...

giovedì 2 ottobre 2008

Quando i nodi vengon al pettine

MARCO
Passarono alcuni giorni prima che io e Tommaso ci risentissimo. Furono giorni di attesa, di domande e tormenti, giorni lunghissimi e a volte vuoti. Giorni in cui guardavo mille volte quel nome sulla rubrica chiedendomi se avessi dovuto chiamarlo. Non lo feci, ci pensò lui quel mattino piovoso e triste del 16 di giugno. Risposi allo squillo con crescente speranza rimirando il cielo, che già sembrava meno incazzato.
<1> pigiai ansioso il tasto e davanti ai miei occhi si materializzò l'unico nome che in quel momento avrei voluto vedere.
"Ciao... è da un pò

che non ci si sente...
come va?"

"Io tutto ok... te?"

"Abbastanza bene anche se... mi manchi"

"Possiamo vederci... se ti va"

" 4.30 al parco. ok?"

"ok. a dopo!"

Aspettai quell'ora come un cane che aspetta il suo pasto, mi cambiai almeno 3 volte, continuando a tempestarmi di domande. Alle 4.20 mi avviai al parco e durante il silenzioso tragitto il cellulare mi avvisò dell'arrivò di un messaggio.
"Perdonami, ho avuto un imprevisto e non posso più venire! Mi spiace tanto, sarà per un altra volta"

Fu l'attimo dopo in cui alzai lo sguardo che vidi una sagoma esile sgattaiolare silenziosa tra le strade deserte di quella piovosa giornata di giugno. Ci misi poco a riconoscere gli occhi di Tommaso, che quel giorno sembravano però tremendamente spenti. Dove stava andando? Perchè tanto mistero nei suoi occhi? Decisi di seguirlo e scoprire cosa mi nascondeva. I suoi passi, sempre più veloci, sembravano scandire l'inesorabile passare dei secondi, il cielo grigio e terso ci osservava, coprendo i nostri movimenti di un grigiore sinistro. I suoi passi si stopparono ad uno strano edificio, vecchio e malconcio. Entrò da una vecchia porta di legno e sparì, risucchiato dall'oscurità dell'edificio. Era una casa abbastanza isolata dalle altre abitazioni, non molto grande e piena di finestre. Le girai intorno e trovai una finestra dalla quale sbirciare all'interno. Il vetro era rotto e si riusciva a vedere perfettamente. La prima immagine che misi a fuoco fu il corpo di Tommaso nudo, circondato da altre quattro sagome. Un brivido mi percorse la schiena, ma continuai ad assistere alla scena. Tre di loro già erano nudi, mentre l'ultimo, un ragazzo di colore, indossava dei boxer bianchi. Tommaso si chinò su un ragazzo biondo, un bel ragazzo, e prese in bocca la sua cappella rosea e di buone proporzioni. Ad un tratto non mi sembrava più il ragazzino imbranato dagli occhi da cerbiatto di cui mi ero innamorato, ma una persona orribile, che mi aveva usato, preso in giro. Lo osservai ancora, mentre continuava a leccare quel pezzo di carne come fosse un lecca lecca e gli altri gli si avvicinavano palpandogli le naitiche e deridendolo. Non volli andare oltre, mi voltai di scatto ma urtai la testa contro la serranda semi-aperta, provocando un tonfo... Tutti si girarono, Tommaso ed io ci scambiammo uno sguardo gelido prima che io scappassi chissà dove. Cominciai a fuggire da quella squallida realtà, deciso più che mai ad archiviare Tommaso dalla mia vita... per sempre.

***
"So che ora ce l'hai con me, e che probabilmente non vuoi parlarmi più, ma quello che mi hai visto fare l'altro giorno è l'unico modo per cercare di aiutare la mia famiglia... spero che tu mi capisca". Così Tommaso si fece risentire il giorno dopo e così risposi io, più confuso che mai:

"Aiuti la tua famiglia facendo sesso con 4 ragazzi?"


"No, vendendo il mio corpo..."


Rimasi spiazzato, quasi mi sentivo in colpa per come lo avevo trattato. Mille pensieri mi tempestavano la mente, mille domande che non volevano lasciarmi in pace.


"Scusa, ma penso che sia meglio non sentirci più..." fu l'unica cosa che riuscii a scrivere.


La risposta che mi diede fu la cosa più bella che avessi mai potuto ricevere:

"Allora ripensa a quel bacio... può bastare per farmi perdonare?

Non riuscii a rispondere subito, e non lo feci. Lasicai che la notte mi portasse consiglio, e fu proprio la notte a suggerirmi di perdonarlo.

" Ci ho pensato a lungo, non ho chiuso occhio, ma alla fine sono arrivato alla conclusione che non mi va di chiudere tutto così, proprio ora che stava andando alla grande. Però vorrei parlarne... oggi pomeriggio alle 4 a casa mia, via *** n° **, ti aspetto".

Si presentò alla porta puntualissimo, salutandomi con un "ciao" disinvolto. Lo portai in camera mia e lo invitai a sedersi sul letto ancora sfatto, per parlare un pò, per chiarire quella strana situazione. Ma Tommaso mi tirò un colpo basso, ed io cedetti. E me lo tirò cominciando a baciarmi all'improvviso, cogliendomi di sprovvista. Sentivo le nostre lingue lottare, scontrarsi, come era successo pochi giorni prima. Questa volta era una sensazione ancora più bella, ma non volevo farlo senza che prima mi avesse giurato che avrebbe smesso di vendere il suo corpo. Le sue mani esperte cominciarono ad infiltrarsi in zone sempre più erogene, provocando la inevitabile reazione. Afferrò di nuovo il mio sesso, prese a massaggiarlo, ma questa volta non riuscii a fermarlo, mi lasciai abbandonare al piacere, andando contro quella piccola voce chiamata coscienza che dentro la mia testa mi diceva di non farlo... soffocai quella voce e chiusi gli occhi. Tommaso aprì la patta dei jeans con inquietante lentezza, mentre il mio sesso si agitava da sotto i boxer. Miliardi di ormoni cominciarono ad affluire dal mio corpo, sempre più ansioso di nuove esperienze.
-L'hai mai fatto?- mi chiese Tommaso
Feci di no con la testa, non riuscivo neanche a parlare. Intanto Tommaso aveva tirato fuori la mia verga ormai eretta ed aveva cominciato a leccarne la punta. Era una strana sensazione, sicuramente piacevole, ma per me del tutto nuova. La sua lingua cominciò ad insinuarsi dai testicoli alla punta del glande, provocandomi brividi di piacere per tutta la schiena. Continuò così per poco, per poi passare a prenderlo in bocca completamente. Riuscivo a percepire intorno al mio pene il calore e la consistenza della sua saliva, e le sue splendide labbra carezzare tutta la lunghezza del mio sesso. Ogni tanto alternava il movimento a dolci baci all'inguine rendendo e carezze alle gambe. Ad un tratto cominciai ad avvertire una forte energia che partiva dai tesaticoli fino al glande...
-s...sto per venire- dissi titubante. E non riuscii a finire la frase che il mio pene si libero dentro la sua bocca in copiosi getti di giovane seme. Lo guardai e fui preso da terribili sensi di colpa, mi alzai di scatto dal letto e mi riallacciai la patta dei pantaloni, guardandolo ad occhi bassi. Mi abbracciò, avvolgendomi di un insolito calore fraterno, ci stringemmo in un abbraccio che sapeva d'eterno... no, non l'avrei perdonato così, non potevo dimenticare... non volevo dimenticare! Mi alzai d'iscatto, interrompendo con irruenza l'abbraccio che fino a due minuti prima ci aveva vincolato in un amore sporco, privo di radici. Andai in bagno, presi una spugna umida a corsi in camera.
-Dai qua, faccio io- disse Tommaso premurosamente.
-Mi spiace, non vorrei cacciarti, ma dovrei andare da un mio amico a prendere i compiti- dissi, inventando tutto all'improvviso. Uscimmo di casa, senza emettere un fiato. Ci salutammo con un "ciao" freddo e distaccato. Era stato bellissimo, ma non avrei voluto farlo...


TOMMASO


Riuscii a farmi coraggio e superai anche quell'ennesima sfida contro il mondo. Quella sera non fu facile fare dello squallido sesso, non fu facile vendere il mio corpo con in testa i sensi di colpa verso Marco, ignaro di tutta quell'orrenda situazione. Fu come essere seviziato, privato dell'innocenza che un 15enne dovrebbe avere.
Marco non si fece sentire per alcuni giorni, così decisi di farmi avanti io in quel piovoso mattino del 16 giugno. Gli scrissi che mi mancava, mi rispose che potevamo vederci... 4.30 al parco. Guardai il cielo, che già sembrava aver ripreso colore, poi andai in camera a scegliere, tra i pochi che avevo, i vestiti migliori da indossare per quell'uscita. Mentre rovistavo nel mio armadio il cellulare squillò... un messaggio:

"Ciao piccolo, 4.30 alla baracca, ci siamo tutti! Non devi mancare"

Improvvisamente mi si gelò il sangue... non potevo non andare, mi avrebbero picchiato di nuovo e forse stavolta anche più forte, ma mi dispiaceva anche deludere Marco. Prima di prendere la mia decisione lasicai passare un pò di tempo, e solo alle 4.15 decisi di prendere la strada più facile, quella dello squallore, dei soldi facili, ma tremendamente necessaria in un momento come quello. Avvisai Marco che non sarei andato con un vigliacco messaggio, presi le mie cose e m'incamminai verso l'inferno. Entrai nella baracca accolto da fischi ed applausi. Tentai di sembrare allegro ed eccitato e cominciai a spogliarmi. Loro erano già tutti nudi, tranne Julio, che stava fumando una malboro in boxer. Mi fiondai su andrea, ma non lo baciai... il bacio rappresentava l'amore, il sentimento, il bacio mi ricordava Marco. Mi precipitai sulla sua verga e cominciai a leccarla e baciarla. Il sapore amaro e ormai così consueto del glande già umido mi invase la bocca; amaro come certi istanti della mia vita, istanti fin troppo lunghi per essere chiamati tali. Mentre continuavo col mio perverso gioco sessuale fui interrotto da un gran tonfo, i miei occhi vuoti incrociarono, alla finestra, quelli di Marco, visibilmente gelidi ed impauriti. Sì, era proprio lui... probabilmente mi aveva seguito, probabilmente non mi avrebbe più rivolto parola. All'improvvisò scomparve come un fantasma ed io, preso da un impeto di timore scappai a mia volta, lasciandomi, ancora una volta, quella triste raltà, chissà dove, chissà perchè.

***

"So che ora ce l'hai con me, e che probabilmente non vuoi parlarmi più, ma quello che mi hai visto fare l'altro giorno è l'unico modo per cercare di aiutare la mia famiglia... spero che tu mi capisca"

Così, schietto e sincero mi feci risentire il giorno dopo. Gli spiegai cosa facevo per portare a casa quegli sporchi soldi, aspettai la sua risposta tutta la notte, e il mattino seguente, solo allora, si decise ad arrivare. Disse di non voler chiudere tutto ciò che, insieme, avevamo costruito. Mi avviai verso casa sua, accompagnato da mille timori, da mille domande, mille paure. Cercai di risultare disinvolto, e ci riuscii. Riuscivo sempre a coprire il mio stato d'imbarazzo alla perfezione. Mi prese per mano e mi portò fino in camera sua. Intorno a me l'insidia di un ambiente nuovo, accompagnato dalla sicurezza che Marco mi stava trasmettendo, tenendomi per mano come un fratello maggiore. Quel giorno una ciocca di capelli le contornava l'occhi sinistro, celandolo dietro un miesterioso silenzio. Ci sedemmo sul letto, ognuno tenendosi per se le sue parole, ognuno aspettando che l'altro iniziasse a parlare. E forse fu l'elettricità che si resporava nell'aria, l'attrazione fisica che provavo per Marco, o cos'altro che mi spinsero a baciarlo. e questa volta non sarebbe stato solo un bacio. Dopo una prima esitazione, anche lui si lasciò andare, si lasciò guidare dalle mie mani più esperte per scoprire finalmente il piacere del sesso. Cominciai a scendere verso la patta dei jeans, dove già s'intravedeva il rigonfiamento di giovane ed ingenua eccitazione. Tirai fuori il suo sesso con estrema calma, non volevo bruciare quel magico momento di passione in pochi secondi. Gli chiesi se era la prima volta, annuì timidamente. Ci giardammo negli occhi, l'attimo prima in cui li chiuse per concedersi ai suoi primi piaceri. Il sapore del suo membro era uguale a tutti gli altri, eppure sembrava così diverso; Appena cominciai a leccare il glande Marco iniziò ad ansimare e a gemere. Era la sensazione più bella che avessi mai provato, nonostante non fosse la prima volta... eppure era come se lo fosse! Cominciai ad alternare il glande con i testicoli, di normale grandezza e un pò scesi verso le gambe, e qualche pelo pubico andava ad urtare le mie labbra. Sempre più, l'eccitazione prese il sopravvento, ed io cominciai a prendere il suo pezzo di carne completamente in bocca, mantenendo la mia inquietante lentezza. Dopo alcuni minuti cominciai a sentire il sapore aspro del pre-sperma.

-s..to per venire- mi avvertì Marco, balbettando con estrema timidezza. Allora presi il pene con le mani, mentre con la lingua continuavo a leccare il glande violaceo... e l'orgasmo non arrivò accompagnato da insulti come le altre volte, ma dal piacere di nuove esperienze, dalla voglia di farle insieme, io e lui, nessun'altro. Un sapore amaro mi scese in gola, e già non sembrava più amaro. S'alzò improvvisamente la patta dei pantaloni, rimettendo a posto il pene ormai non più eretto, e guardò a terra con sguardo fuggitivo e severo; lo abbracciai, e mi assecondò, ma poco dopo si levò di scatto ed andò in bagno. Era stato stupendo, non voleva ammetterlo. Ce l'aveva con me perchè gli avevo nascosto tutto, e potevo capirlo. Mi disse che doveva andarsene da un'amico per prender ei compiti: scusa troppo banale. Ci salutammo con un ciai freddo a distaccato.

Era stato bellissimo, anche se forse era stato un errore, forse mio, forse suo, o forse di entrambi.

mercoledì 20 agosto 2008

Paure e timori...

Scusate per l'attesa ma abbiamo avuto un grosso guasto con la linea telefonica... da oggi in poi mai più lunghe attese ;-) ... Godetevi il racconto

MARCO
Il mattino seguente la sveglia fastidiosa del cellulare mi fece sobbalzare dal letto. Erano le 9.00 ed io ero eccitato ma allo stesso tempo agitato per l'incontro imminente con Tommaso. Il giorno prima lo avevo passato a farmi insegnare da papà a pescare. Alle 9.20 mi diressi al luogo dell'incontro e da lontano notai il casco moro di Tommaso.
" Giorno!" disse con un sorriso sbarazzino.
"Giorno" risposi io ricambiando il sorriso."Allora, pronto?" continuai.
"Sissignore"
Ci incamminammo con le bici verso il laghetto artificiale che era stato il luogo delle mie domeniche d'infanzia, quando mio padre mi portava tutte le domeniche con lui, quando avevo ancora un padre... ultimamente era come se non ce l'avessi più, non stavamo mai insieme ed era come se non ci conoscevamo.
Arrivammo al lago alle 9.45 e con mio gradimento notai che era completamente deserto.
Entrammo dall'entrata principale ed andammo in reception per pagare.
CErcai di sistemarmi in un angolo abbastanza appartato e Tommaso mi seguì come un cagnolino sperduto, in quel luogo sconosciuto ancora per lui.
Quel giorno era vestito con una semplicissima tuta e scarpe da ginnastica, ma era egualmente raggiante. Io invece mi ero vestito di tutto punto, forse perchè era mia abitudine vestire bene, forse per Tommaso. Presi le canne e le sistemai come avevo imparato, poi mi misi a sedere a terra, invitanto Tommaso a sedersi.
"Insomma, tu che scuola fai" chiesi per rompere il ghiaccio...
" Beh, mi sono trasferito da un mese qui, prima abitavo a Trani, in Puglia, e là frequentavo il liceo classico... tu?"
" Io industriali!"
Era molto agitato, si toccava i capelli, si grattava la testa. Mentre parlava non mi guardava, ma ogni tanto ci scappava qualche sguardo rubato. I suoi occhi erano la cosa più bella che avessi mai visto, le sue labbra carnose mi invitavano a darle un bacio... un solo ed innocente bacio.
Mentre parlavamo del più e del meno, aveva appena abboccato un pesce sfortunato.
"Ma guarda, la fortuna del princiapiante!" dissi sarcasticamente. "Avanti afferrala"
Con fare maldestro afferrò la canna ed io mi misi dietro di lui per guidarlo.
Il mio membro era a contatto col suo sedere e la cosa mi eccitò, tanto da provocarmi un semi-erezione. Sperai che non se ne fosse accorto... ad un tratto il pesce, che doveva essere veramente grande, lasciò la presa ed io e Tommaso cademmo a terra, io sotto e lui sopra di me. Fu una situazione molto imbarazzante, soprattutto per me che non riuscivo più a controllare la mia erezione. Tommaso riprese subito posizione ed io riuscii a salvarmi, ma non mi rialzai, perchè ormai sarebbe stato evidente il mio segno d'eccitazione, così chiusi le gambe e rimasi seduto sull'erba fresca del prato.
"Scusa" chiese Tommaso con aria avvilita.
"Ma di che! La colpa è del pesce che è scappato, mica tua!"
Mi sorrise e rimise la canna a posto.
"Eih, ma quelli ce l'hanno ancora con te?"
"Si, ma non li ho più visti"
Ogni discorso che tentavo di iniziare, poi si chiudeva con imbarazzanti silenzi e sguardi ambigui, e questo non faceva che rendere l'aria più tesa.
"Io vado in bagno a pisciare, rimani qui o vieni anche tu a cambiare l'acqua al pesce?" dissi sarcasticamente per rompere quell'aria elettrica.
"Vengo, scappa anche a me!"
Ci avviammo ai bagni del laghetto, ed io ero eccitatissimo all'idea che Tommaso avesse violato la mia intimità, dato che lì c'erano gli urinatoi e non le cabine chiuse.
Mi avvicinai a quello più lontano dalla porta e Tommaso si fissò.
"Dai, che fai ti fissi?"
"Eh scusa, ma mi fanno impressione sti cosi"
"Eh, mica servirà un cesso d'oro per una pisciata"
E sorridendo si mise sull'orinatoio accanto al mio e tirò fuori la verga. Con la coda dell'occhio tentai di sbirciare e vidi un bel pezzo di carne, con normali dimensioni, ma nessuna erezione. La mia invece, che se ne era andata, mio malgrado tornò, ed io cercai di nasconderla il più possibile, ma probabilmente Tommaso se ne accorse. Tirai su i boxer verdi e Tommaso fece lo stesso. Andai verso il lavandino e lui coninuava a recitare la parte del cagnolino sperduto, seguendomi passo dopo passo; mi sciacquai le mani e mi voltai di scatto. Il contatto di sguardi fu breve e conciso, non lasciò a nessuno dei due il tempo di riflettere; non ricordo neanche di chi fu l'iniziativa, ricordo solo che socchiusi gli occhi, e ritrovai le mie labbra a contatto con quelle di Tommaso. Non avevo baciato nessuno prima d'allora, mi sentivo impacciato ed avevo paura che entrasse qualcuno, ma ben presto si creò un baratro tra noi ed il mondo circostante, un baratro nel quale sarei voluto rimanere in eterno. Il mio sesso cominciò ad agitarsi da sotto i jeans, quando le nostre lingue entrarono in contatto. Fù il rumore sordo di passi a riportarci al mondo normale... ci staccammo ed uscimmo abbassando la testa, senza dire una parola. Fu un bacio inaspettato, almeno per me, ed è per questo che fu sublime. Tornammo alla nostra postazione; l'aria aveva assunto qualcosa di diverso, l'acqua taciturna del lago sembrava aver ripreso vita. Io stesso mi sentivo nuovo, ma non riuscivo a dir nulla... il silenzio era l'unico discorso concreto che riuscivo a formulare.
Ad un tratto però, arrivarono nella mia mente quelle tante domande, che è normale chiedersi in situazioni simili...
Ma allora è gay? Perchè l'ha fatto? Finirà qui?...
Mi girai verso di lui e non appena i nostri sguardi si incrociarono mi voltai... i miei occhi erano fuggitivi, impauriti... i suoi sicuri, decisi.
Mi guardai intorno, non c'era nessuno nei paraggi. Tommaso si avvicinò a me e questa volta i nostri sguardi s'incrociarono in un attimo d'immensità. Ci baciammo di nuovo, mi lasciai andare questa volta; il contatto della mia lingua ingenua ed inesperta con la sua mi fece pensare ad un film... ma questa volta era la realtà, e questa volta non era crudele come era sempre stata. Non c'era nessuna colonna sonora ad accompagnare il nostro bacio, solo il battito del mio cuore impaziente di cose nuove. Ci staccammo, mi sorrise; Mi prese la mano e si alzò. Questa volta il cagnolino sperduto ero io. Mi portò in una siepe dietro i bagni e mi baciò di nuovo, cominciò a massaggiarmi i fianchi ed insinuare le sue mani sotto la maglietta... ci baciammo ancora, adesso era più facile. I suoi gesti erano agili e sicuri, i miei invece lenti e tremendamente goffi. Le sue mani percorsero il mio corpo coperto ancora di infantilità, poi continuarono verso il basso, violarono la mia intimità. Tommaso strinse il mio pene ed un brivido mi percorse la schiena...
non ricordo bene il perchè, ma lo fermai.
Mi guardò con aria spaventata ma non disse nulla.
-Perdonami, è che sta succedendo tutto così in fretta che neanche me ne sto rendendo conto- tentai di giustificarmi
-Scusa- sentenziò prontamente abbassando gli occhi
- Don't worry!- le dissi strizzando l'occhio. -Scusa ma devo andare, si è fatto tardi- continuai guardando l'orologio.
- Si, anch'io!- mi seguì lui senza aggiungere altro.
Il viaggio di ritorno fu terribilmente imbarazzante e quindi fui io a prendere l'iniziativa:
-Allora, come sei stato?-
-Benissimo, è divertente pescare!
"Beh, in realtà abbiamo fatto tutto tranne pescare" , pensai tra me!
-Sono arrivato- dissi, ormai contento di essere uscito da quella situazione.
-Aspetta, ti lascio il mio numero, magari ci sentiamo- mi disse sorridendo
Presi quel numero, quel pezzo di vita, e me ne andai senza dire altro.
Entrai in casa ed una domanda mi sovvenne: "cosa sarebbe successo se non l'avessi fermato?"





TOMMASO
Ore 8.30, il sole era già davanti casa mia ed io ero sveglio. M'infilai la mia tuta migliore ed uscii di casa. Aspettai a lungo Marco, tanto che per un momento pensai mi avesse dato buca. Solo quando lo vidi arrivare da lontano capii che quanto stava accadendo non era un sogno, ma la realtà. Lo salutai sorridendo, cercando di risultare più naturale possibile.C'incamminammo verso il laghetto e durante il tragitto ci scambiammo pochissime parole; quella mattina l'aria era più fresca e piacevole del solito, o forse era solo lui a renderla tale...
Arrivammo in un bel posto immerso di verde. Una volta pagati i biglietti ci recammo nel nostro nido, che Marco stava accuratamente scegliendo con lo sguardo attento di un cane da caccia, ma gli stessi angelici occhi.
Sistemate le canne, iniziò la conversazione più difficile ed interminabile della mia vita... ero agitatissimo, avevo mille timori, ero sicuro che prima o poi la discussione sarebbe caduta sulle ragazze ed io? cosa avrei detto?
Con mia sorpresa invece Marco non era il classico ragazzo che parlava di figa in continuazione, si pavoneggiava raccontando delle sue tresche e si sistemava il pacco per sana abitudine. Non che mi dispiacesse, anzi, però ancora non avevo nutrito il minimo sospetto sul suo orientamento sessuale. Mentre parlavamo mi persi nei suoi occhi e mi accorsi di quanti colori e quanti disegni potessero essere racchiusi in uno spazio così piccolo...
Stavamo parlando del più e del meno quando Marco mi ordinò di afferrare la canna. Senza indugiare mi precipitai goffamente sull'oggetto ma non riuscii a combinare nulla; allora Marco, come da fratello maggiore mi si mise dietro, a guidare i miei gesti maldestri. Non seppi se fece apposta a poggiare il suo sesso contro le mie natiche, non seppi se aveva progettato di farmi cadere sopra il suo pene ormai quasi completamente eretto, successe e basta, e fu tremendamente imbarazzante. Realizzai che ero stato io a mollare la canna e farci cadere tutti e due, così chiesi scusa avvilito. Mi disse di non preoccuparmi.
L'aria, dopo quella caduta, si era fatta più elettrica e così per smezzare la tensione Marco m'invitò ad andare al bagno. Fu li che riuscii a vedere per la prima volta il suo sesso nudo, come madre natura gliel'aveva donato: non era enorme, ne avevo visti di più grandi, ma era coperto di grosse vene ed una cappella rosea svettava fiera sulla cima.
Mi decisi, dovevo attuare il mio piano, sarebbe dovuto succedere qualcosa... mentre si lavava le mani mi misi dietro di lui ed aspettai il momento per poterle rubare un bacio, quel bacio che tanto desideravo dalla prima volta che lo avevo visto. L'incontro delle nostre labbra fu lento e conciso, non si oppose, chiuse gli occhi e si lasciò trascinare dal bacio più bello della sua vita. Dopo i primi attimi di timidezza aprì la bocca e lasciò che le nostre lingue umide e curiose entrassero in contatto. Aveva un buon sapore.
Furono dei maledetti passi ad interrompere quell'attimo di piacere. Tornammo in silenzio al nostro "nido". Passarono pochi attimi quando il contatto dei nostri sguardi fu inenitabile e provocò un altro schizzo di passione improvvisa. Dopo il secondo bacio lo presi per mano e lo trascinai nella siepe che avevo intravisto poco prima, per condividere con lui quei momenti in assoluta intimità. Mi avvinghiai sul suo corpo esile ma perfetto e mi lasciai andare completamente, ormai sicuro della sua reazione. Mi sorprese però quando, arrivato al contatto con il suo pene, lui si spostò furtivamente senza lasciarmi il tempo di pensare, di agire.
Lo guardai impaurito questa volta. Si giustificò e disse che si era fatto tardi. Al ritorno ci accompagnarono i soliti silenzi... le lasciai il mio numero.
Accesi il cellulare, c'era un messaggio di Luca:
"Ciao Tommy... volevo chiederti scusa a nome
di tutti e 4, spero ci perdonerai.
Stasera alla baracca alle 10 puntuale...
Se saprai farti perdonare anche tu pagheremo il doppio!"

80 euro, pensai tra me... Dovrò farmi coraggio ed affrontare questa ulteriore prova. Prima di entrare dentro casa feci un ultima considerazione: "cosa sarebbe successo se non mi avesse fermato?"


...continua...

martedì 8 aprile 2008

Il pestaggio

MARCO
Quella notte non riuscivo proprio a prendere sonno. Le lenzuola erano appiccicose e la luna fendeva dalla finestra semi-aperta. La stanza era vuota e silenziosa ed un alone di mistero avvolgeva il mondo circostante d'oscurità . Non faceva che tornarmi in mente Tommaso, i suoi occhi raggianti e la sua stretta di mano. Poi la mente mi tradiva e mi portava alla mente l'immgine di Tommaso nudo, innocente, indifeso... i nostri corpi incollati in abbraccio. Non volevo ci fosse dell'erotismo nei miei pensieri su di lui,lo conoscevo da poche ore; ma lui era così, perfetto, e mi aveva incantato. Improvvisamente qualcosa si mosse sotto i calzoni leggeri del pigiama. Il mio sesso aveva risposto alla chiamata dei miei pensieri. Lentamente feci strisciare la mano sotto le lenzuola leggere ed afferrai l'intruso, sì, lo afferrai. Cominciai poi a massaggiarlo. Non volevo masturbarmi pensando a quel ragazzo ancora sconosciuto. Ma lo feci. Non mi resi neanche conto quando una piacevole sensazione mi invase il corpo ed un brivido mi percorse la schiena. Un essenza calda mi percorse l'inguine. Guardai la sveglia...1.35.
Mi accasciai sfinito al cuscino e caddii in un sonno profondo.
Il mattino seguente fu il cinguettio di un passero a svegliarmi. Alle 10.05 mi alzai dal letto e notai il mio sperma che si era essiccato sull'inguine. Andai in bagno a lavarmi; la sensazione delle mie mani calde sul mio inguine mi eccitarono, tanto che il mio pene riprese volume. Senza neanche accorgermi ripresi a masturbarmi. Mi tornarono in mente le scene dei molti video gay che avevo visto al pc e rispolverai un'idea che da molto tempo vagava nella mia mente: volevo provare il piacere della stimolazione anale. Si, ero da sempre stato gay, ma da poco l'avevo realmente scoperto, ed ogni giorno mettevo alla prova il mio corpo in nuovi piaceri; ma quello della stimolazione anale non lo avevo mai provato e, francamente, avevo un pò di timore. Andai in cucina e frugai tra i vari cibi... volevo trovare qualcosa di non troppo grosso che più si avvicinasse ad un membro umano. Presi un cetriolo ma era davvero troppo grosso per la prima volta, allora continuai a frugare col pene in tiro ed infine trovai una confezione di wurstel, quelli che non mi erano mai piaciuti. Ne sfilai uno e lo strinsi in mano, come per abituarmi all'idea. Poi lo misi in tasca ed andai in bagno. In casa non c'era nessuno, ma dovevo stare attento a non farmi scoprire. Con le mani che mi tremavano mi sfilai i calzoni leggerissimi del pigiama e presi di nuovo a massaggiarmi il pene. Poi mi bagnai un dito , mi misi a sedere sul water e, come avevo letto nei tanti racconti, lo avvicinai all'ano e cominciai a massaggiarlo. Un brivido mi percorse la schiena quando lo infilai dentro il mio corpo inerme e spaventato. Sensazioni nuove mi invasero il corpo, nuovi piaceri mi inebriavano la mente. All'acqua aggiunsi un pò di sapone, per dare più fluidità, e dopo poco un secondo dito entrò dentro di me. Sentivo di essere pronto, così avvicinai il wurstel al mio buchino vergine. Sentivo quel pezzo di carne massaggiare quell'apertura e cominciai a spingerlo verso l'alto. Era entrato per metà, quando mi resi conto che non volevo... l'idea di procurarmi quel piacere da solo mi disgustava, quindi feci uscire l'oggetto dal mio corpo e lo buttai. Non sapevo neanche se mi era piaciuto... probabilmente si, ma la sensazione appiccicosa ce aveva lasciato tra le mie natiche mi infastidiva. Mi alzai in piedi e ripresi a masturbarmi normalmente. Le mie mani stringevano quel pezzo di carne caldissimo e duro, che poco dopo venne, molto più copiosamente del solito. Mi vestii e poco dopo uscii portandomi dietro il mio amato Rat Man (è un fumetto, per chi non lo sapesse).
Attraversai un isolato per andare al campetto, quando fui distratto da grida e rumori. Corsi a vedere di cosa si trattasse. Un gruppo di ragazzi stava picchiando un povero sventurato, che era anche caduto a terra, sporco di sabbia ed erba fresca. Ad un tratto lo sventrato alzò il capo e subito riconobbi gli occhi inconfondibili d Tommaso. Non potevo salvarlo, ce le avrei prese anch'io; fare a botte non era mai stato i mio forte. Così decisi di nascondermi ed uscire non appena se ne sarebbero andati. Mi sentivo un vigliacco là, dietro a quell'albero, ma non potevo entrare in suo aiuto. Poco dopo la banda di bulli se la diede a gambe continuando ad insultare Tommaso e poco dopo entrai in scena io, sententdomi ancora più verme. Lo presi per le spalle e lo tirai su di peso. Aveva il sangue alle labbra e varie ferite sulle braccia, lasciate scoperte da una canottiera estiva. Mi guardò con sguardo innocente e, proprio come era successo a me al nostro primo incontro, le scappò solo un "grazie" balbettato.
"Beh, anche tu ieri mi hai salvato, era il minimo che potessi fare" risposi sarcasticamente. Mi sorrise.
Lo portai alla fontana e le feci sciacquare il sangue dalla bocca. Averlo lì, stretto alle mie braccia mi fece sentire vivo.
"Come mai ti stavano picchiando quelli là?" le chiesi curioso.
"Volevano i soldi, ma siccome non ne avevo mi hanno picchiato" rispose abbassando il capo, come a volersi vergognare.
"Mi spiace, purtroppo 'sta gente ci sarà sempre al mondo" dissi in tono comprensivo.
poi continuai "ti và un gelato?" .
" Si!" rispose. E quasi gli si illuminarono gli occhi. Era dolcissimo.
C'incamminammo verso la mia gelateria preferita e lì consumammo 2 bei gelati. Non si preoccupò di chi avrebbe dovuto pagare. Probabilmente non avevano molti soldi in famiglia. Ma mi ringraziò, mi ringraziò tantissime volte. Parlammo un bel pò e scoprii un sacco di cose su di lui.
Verso mezzogiorno mi disse che doveva andare a casa.
"Vuoi che ti accompagno?" le chiesi premuroso.
"No" rispose seccando la mia domanda. Ma non potevo farmelo sfuggire, ormai mi sarei acontentato anche solo della sua amicizia, ormai che c'ero vicinissimo.
" Domani vado a pesca, ti va d venire?" le chiesi improvvisando. Sì perchè quella della pesca era una storia inventata lipperlì, pensando che l'idea potesse piacerle.
" A dir la verità io non so pescare, poi nn ho neanche una canna!" disse sorridendo.
" Beh, neanche io sò pescare. Vorà dire che impareremo insieme!".
" E va bene dai, ci stò. A che ora?" chiese.
" 9 puntuale ti aspetto al campetto." Dissi fiscale.
"Ci starò. Ora vò che mamma mi aspetta. Ciao e grazie ancora!" mi salutò quel ragazzetto , tanto bello quanto imbranato.
Tornai a casa pensando che non mi meritavo quei ringrazamenti. Ero stato un vigliacco.
Ma forse le cose stavano prendendo la piega giusta e questo mi rasserenò.

TOMMASO
Erano le 7 di sera quando la suoneria del cellulare segnalò l'arrivo di un messaggio. Lo presi in mano; era vecchio, ma era l'unico che potevo avere.
" Alle 9.30 alla baracca. Vestiti bene!"
Era Luca. Mi aspettava alla baracca, probabilmente non solo! La baracca era una vecchia casa ormai da anni disabitata, diventata luogo dei nostri incontri. Le sue pareti conoscevano ormai a memoria la mia vita, le sue finestre sapevano ciò che provavo in quel vecchio letto,ogni volta che mi ci stendevo. La baracca era ormai la mia vita.
Alle 9.00, dopo cena, andai in camera e mi chiusi dentro. Mi spogliai completmente nudo, poi presi dal cassetto il perizoma nero, che tenevo ben nacosto. Evitavo di guardarmi allo specchio; non volevo vedere ciò che ero diventato. Alle 9.20 mi avviai alla baracca, con in spalle il mio fedele zaino ed il timore. Lo stesso timore che ogni giorno mi accalappiava l'animo.Entrai nella baracca e mi accolse Luca.
" Ci sono ospiti fai il bravo stasera" disse indicando tre ragazzi che stavano in un angolo. Uno era di colore ed aveva in testa un cappellino da rapper. Era muscoloso e doveva vere almeno 18 anni. Un altro era di media statura, esile, con lunghi capelli castani. L'ultimo, e probabilmente anche il più bello, era alto, dagli occhi azzurri ed i capelli biondi... già, biondi, proprio come Marco.
Si presentarono: quello di colore si chiamava Julio, il biondino Andrea e l'altro Carlo.
Mi lanciarono i soldi, poi Andrea disse:
" Dai troietta, facci vedere di cosa sei capace".
Ero abiuato ad affermazioni simili, non mi scandalizzai. Sapevo cosa dovevo fare.
Iniziai a spogliarmi lentamente, accompagnando lo spogliarello a gesti provocatori. Rimasi in perizoma.
" O lù, non ci avevi detto che la troietta aveva anche un bel culo" obbiettò Julio.
Mi vergognai, ma continuai a far passare le mie mani sul mi corpo.
"Allora, chi vuole cominciare?" dissi ai tre.
Carlo, il più basso, si alzò. Gli altri tre cominciarono ad urlare "Carlo Carlo" prorpio come ai cori dello stadio. Io lo spogliai, lasciando gli abiti come capitava. Rimasto in boxer lo trascinai al vecchio letto e cominciai a massaggiargli la verga, ancora molle sotto i boxer neri. Poco dopo cominciai a sfilarglieli lentamente, facendoli passare sulle gambe semi-glabre. Il suo sesso aveva cominciato a prendere consistenza. Gli massaggiai i testicoli e mi avvicinai al suo pacco ormai completamente eretto. Non era grandissimo ma si faceva rispettare; con lentezza e sensualità lo presi in bocca. Intanto il ragazzo m'incitava: "Dai puttanella, ciucciamelo tutto". Si, era squallido, ma quella era avrei portato a casa 40 euro e l'idea mi faceva sentire meglio. Mentre continuavo col mio movimento, notai gli altri che si spogliavano, fino a rimanere anche loro in mutande.
Andrea, il biondino, era veramene un bel ragazzo e l'idea di fare sesso con lui, per quanto squallida, mi eccitava.
Mentre leccavo il glande, un sapore mi invase la bocca... era il sapore del piacere: Carlo stava per venire. Fece uscire la verga dalla mia bocca e cominciò a masturbarsi. Scaricò il suo seme sulla mia faccia, accompagnando il gesto a gemiti di piacere ed apprezzamenti. Mi ripulii con i fazzoletti che mi ero portato e mi preparai per il prossimo: Luca. Ormai conoscevo il suo pene, cosa piaceva a lui e non mi fu quindi difficile riuscire a soddisfarlo. Mentre tenevo in bocca il pene di Luca, il biondino si avvicinò verso di noi. Un brivido mi percorse la schiena. Andrea si sfilò i boxer fiorati stile anni '70, esibendo il suo pacco che avrà misurato più o meno sui 17. Prese il profilattico e lo fece scorrere per tutta la lunghezza della verga.
"Allora, sei pronta troietta?" mi chiese strizzando l'occhio. Io per un attimo abbandonai Luca e mi voltai.
"Si, prontissima" risposi schiaffeggiandomi i glutei. Mi sfilò il perizoma nero con violenza; un altro brivido mi percorse la schiena. Ero nudo, davanti a quel ragazzo che altro non voleva che il piacere; non gli interssava niente di me come persona, ma solo come oggetto. Con le mani allargò le mie natiche e fece entrare un suo dito dentro di me. Lo assecodai muovendo il sedere su e giù, facilitando la penetrazione. Solo in qul momento anche il mio membro andò in tiro. Andrea fece scivolare il dito fuori dal mio corpo ed aprì di nuovo i glutei, facendomi sentire indifeso, pronto a essere sottomesso. Poco dopo appoggiò il glande vicino al mio buco, per passare alla penetrazione vera e propria. Entrò piano, ma mi fece male; ad un tratto sentii i suoi testicoli urtare contro le natiche e capii che era entrato completamente dentro di me. Lo sentivo dentro il mio stomaco, dentro la mia anima, e per un attimo immaginai che era Marco ad essersi impadronito della mia anima. Andrea cominciò il suo movimento nello stesso istante in cui Luca inondò la mia bocca col suo seme. Inghiottii il suo nettare, ne fui costretto.
Il dolore iniziale si trasformò ben presto in piacere; sentivo i suoi 17 cm scorrere dentro di me, ad un ritmo inizialmente lento, poi sempre più veloce. Sentivo il suo respiro su di me, il suo odore addosso al mio. Inostri corpi fusi nel piacere. Dopo un pò Andrea uscì dal mio corpo. Provai una strana sensazione; come se fossi stato svuotato nello stomaco. Il mio sfinere era dolorante ed aperto. Andrea mi fece girare a pancia in su, con le gambe aperte. Puntò di nuovo la verga contro il mio buco straziato. Ancora una volta quel piacere tornò a riempirmi l'anima. Ogni volta che ritirava il suo membro e lo rispingeva dentro un brivido percorreva la mia schiena. Mentre mi possedeva, vedevo l suo bel volto e mi tornava alla mente quello di Marco; mi piaceva pensare che fosse lui a possedre il mio corpo. Le nostre bocche si toccarono e le nostre lingue si scontravano in un vorticoso piacere. Ad un tratto si fermò, rimanendo col pene dentro di me per qualche istante... era venuto. Ne uscì poco dopo con un colpo netto, procurandomi l'ultimo brivido di piacere.
Julio, il più "anziano" si avicinò contro di me. "Allora puttanella, sei pronta ad assaggiare il mio pitone?" disse ridendo. Gli altri tre gli fecero l'eco. Si denudò davanti ai miei occhi, mostrando un membro di almeno 23 cm ed un diametro veramente esagerato. Avevo paura, non volevo più essere il loro oggetto. Presi in mano ciò che potevo prendere e scappai di corsa, lasciandomi alle spalle i quattro, che cominciarono ad urlare ed imprecare: "Dove scappi puttana? Tanto prima o poi ti acchiappiamo!". Aumentai la mia velocità e mi fermai solo ai bagni pubblici del campetto, quello dove avevo incontrato Marco. Entrai in un bagno e mi infilai il perizoma. Ero arrivato fin lì completamente nudo. Mi infilai anche i calzoni e la canottiera, poi me ne tornai a casa. Quella sera ci misi ad addormentarmi. Il bruciore allo stomaco e allo sfintere mi tormentavano.
La mattina dopo fu un raggio di sole rompi-scatole a svegliarmi. Subito portai un dito all'ano per sentire se era ancora dilatato. Scivolò fluido ed appurai che dovevo smetterla di vendere me stesso.
Presi il mio romanzo e mi diressi al campetto. Ad un tratto, per strada, sentii una mano strattonarmi ed una forza estranea trascinarmi dentro al bagno del campetto.Viddi i volti dei 4 della sera prima e compresi subito che volevano vendicarsi per averli lasciati lì a bocca asciutta.
"Mi sbaglio o ieri hai lasciato qualcosa metà?" disse Julio. "O mi dai i soldi, o finisci il lavoro come una vera puttana che si rispetti" continuò minaccioso.
Io non avevo portato i soldi con me, ma di certo non volevo finire il lavoro.
"Be, non ho i soldi qui, ma posso..." volevo dirgli passare a casa ma Julio m'interruppe.
"Allora girati, i patti son patti". Con forza si girò e mi abbassò i calzoni ed i boxer metre gli altri 3 mi tenevano. Ero accasciato col viso rivolto al water. Un odore disgustoso di urina mi invase le narici. Ad un tratto sentii il glande di Julio fare pressione sul mio sfintere; sentii che il glande era appena entrato dentro di me e questo mi fece gridare. La mia forza di volontà, o chissà che altro, mi fecere liberare dalla stretta dei tre e in quel momento sentii qulla cosa viscida ed enorme uscire dal mio corpo innocente. Riuscii al allacciarmi i calzoni in fretta e ad uscire. I quattro mi inseguirno e mi gettarono a terra, cominciana riempirmi di calci e a percuotermi con violenza. In tanto, come un miraggio stupendo, viddi Marco nascondersi dietro un grosso albero. La sua visione paradisiaca mi alleviava idolore inferto dai copli. Ad un tratto Julio, quel maledetto, mi si avvicinò all'orecchio e mi sussurrò: "tanto prima o poi te lo sfondo quel maledetto culo", poi mi lanciò un ultimo calcio alle coste. Se ne andarono e Marco uscì dall'albero fingendo di essere appena arrivato. Era stato un vigliacco, ma daltronde non eravamo neanche amici; e poi volevo perdonarglielo... lui mi piaceva come nessuno mi era mai piaciuto!
Mi porse la mano, dolcissimo, ed io riuscii solo ad emettere un "grazie" poco scandito.
M'accompagnò alla fontana e si prese cura di me, come se ci conoscessimo da una vita.
"Ti và un gelato?" mi chiese all'improvviso facendomi rimanere di sasso. Mi s'illuminarono gli occhi e la mia risposta non poteva essere altro che "si!".
Sentire le sue braccia su di me mi faceva sentire vivo.
Mi chiese se doveva accompagnarmi a casa, ma non volevo far vedere in quale squallore abitavo a lui, che a giudicare fa come vestiva se la passava bene.
Mi invitò a pesca, non sapevo pescare, ma accettai.
Non vedevo l'ora... ci salutammo!
Forse le cose stavano prendendo la piega giusta.

...continua...

lunedì 7 aprile 2008

Il primo incontro

MARCO
Era il 10 giugno di 3 anni fa e faceva un caldo terribilmene appiccicoso quando per la prima volta incontrai il il mio angelo...
Verso le 3 del pomeriggio decisi di uscire da casa per prendere il solito gelato al bar più vicino a casa mia, quello che ormai da 2 anni era la tappa fissa dell mie noiose giornate estive ad Ercolano (NA). Perdonatemi, non mi sono neanche presentato... mi chiamo Marco, ho diciotto anni (allora ne avevo 15), sono alto, fisico asciutto, capelli biondi ed occhi verdi. Ma torniamo a noi, al nostro 10 di giugno e al nostro bar. Una volta preso il gelato mi incamminai per consumarlo, come ogni giorno, al campetto che separava casa mia dalle scuole. Mi misi seduto su un'altalena e cominciai a dondolarmi, mentre consumavo il gelato al limone... niente di più rilassante! Ad un tratto i miei occhi caddero su una sagoma che si avvicinava allo scivolo; dappima non le diedi importanza, poi, per curosità, mi voltai a guardare chi fosse... i miei occhi rimasero incantati nel vedere la creatura più bella che avessero mai visto. Era un ragazzo che sembrava avere più o meno la mia stessa età, dagli occhi azzurri che sembravano risplendere più del sole stesso, contornati da una chioma nerissima col taglio alla Zac Efron. Si, ma lui non era Zac Efron... nei suoi movimenti c'era un che d'innocente e maldestro, che lo rendeva ancora più bello. Ad un tratto mi guardò, probabilmente si accorse che lo stavo fissando, così mi girai dall'altra parte ad ammirare i pini del campetto. Ad un tratto pensai che doveva essere uno di quelli che cambiano una ragazza al giorno, che fanno i duri ed odiano la scuola. Mi girai di nuovo e con mia grande sorpresa aveva aperto un libro, probabilmente un romanzo dato lo spessore. Guardal'orologio, erano le 3 e mezza... alle 4 avevo gli allenamenti di pallone e dovevo anche passare da Giorgio, il mio migliore amico, per prendere degli appunti. Di corsa mi alzai dall'altalena e presi a correre verso casa di giorgio, ma dalla foga inciampai su una pietra. L'urto con la breccia mi fece malissimo e mi scappò un grido, seguito da un "Cazzo" di rabbia. Il ragazzo seduto si alzo e venne verso di me, probabilmente per soccorrermi. Lo vidi avvicinarsi da vicino sembrava ancora più bello. Mi allungò la mano, non ci potevo credere... La strinsi e riuscii ad alzarmi. Tutto ciò che riuscì asapparmi fu un "grazie" balbettato e confuso.
- figurati, e di che!- disse lui più disinvolto di me.
Poi presi l'iniziativa e mi presentai.
Si presentò anche lui... Si chiamava Tommaso e si era trasferito da appena un mese li ad Ercolano. Alle 3 e 45 mi accorsi che non c'era più tempo per andare a prendere gli appunti da Giorgio, ma non m'importava, quel giorno il sole sembrava più bello!
TOMMASO
Era il 10 luglio di 3 anni fa e faceva un caldo terribilmente appiccicoso quando per la prima volta incontrai il mio angelo...
Erano le 2 e mezzo del pomeriggio ed ero alla vecchia baracca ad aspettare Luca. Ad un tratto sentii un rumore sordo di passi e capii che era lui. Mi salutò, le dissi:
- Allora, l'hai portato?
- Si- rispose sicuro estraendo il preservativo dalla tasca
- E i soldi?- chiesi di nuovo insistente
- eccoteli- mi disse seccato lanciandomi 10 euro
Li misi nella borsa gelosamente, poi comincia a spogliarmi. Iniziai a spogliare anche Luca, prima la maglietta, poi i calzoni ed infine i boxer bianchi firmati D&G. Il suo membro ancora molle emanava l'odore del sesso! Mi abbassai e lo presi in bocca. Piano piano si fece più duro... avevamo fretta, dovevamo sbrigarci; gli infilai il preservativo con fugacità, poi mi appoggiai al vecchio letto della baracca, a gattoni. Sentivo il respiro affannoso di Luca dietro di me, poi una mano calda massaggiarmi le natiche e l'apertura del mio sedere. Un dito si infilò dentro di me, gli porsi il lubrificante. Ad un tratto sentii il suo pene farsi strada dentro di me, centimetro dopo centimetro, fino ad entrare tutto. Inizialmente provavo dolore, ma la sensazione ormai non era nuova. Sentivo scorrere il suo grosso membro dentro il mio sfintere, prima piano, poi sempe più veloce. Cinque minuti dopo sentii estrarre il pene dal mio corpo e vidi che si sfilava il preservativo. Mi abbassai e presi a leccare il glande, umido e caldissimo... un getto di caldo mi invase la gola, già il terzo per quella giornata. Ci rivestimmo di fretta e ci salutammo.
Si, vendevo il mio corpo. A casa ce la passavamo malissimo; io riportavo a casa 40-50 euro al giorno vendendo me stesso. I miei pensavano che spacciassi, e a loro stava bene. Come ho detto ce la passavamo molto male. A volte mi sentivo uno schifo, a volte mi sentivo bene perchè potevo aiutare mamma e papà. La mia non era una vita facile.
Mi incamminai verso il campetto affannosamente per rimanere finalmete solo col mio romanzo, col mio silezio. Seduto sull'altalena vidi l'essere più bello che io avessi mai visto. Era un ragazzo biondo, alto, con degl'occhi verdi che tanto emanavano tranquillità e serenità. Mi misi non troppo lontano da lui per osservarlo meglio. Mangiava un gelato e dondolava spensierato sull'altalena. Si accorse che lo stavo osservando e mi girai, tornando al mio romanzo. Avevo ancora addosso l'odore del sesso, mi sentivo sporco dentro, mi sentivo di non meritare neanche di essere suo amico. Avevo ancora lo sfintere lubrifcato e questo mi dava un bruciore tremendo. Ad un tratto il biondino si alzò, poi sentii un tonfo. Era caduto. Quale occasione migliore per conoscerlo?
Andai di fretta da lui per soccorerlo e l porsi la mano. Ci presentammo, ma poco dopo dovette andaresene. Ero di nuovo solo ma non m'importava. Quel giorno il sole sembrava più bello!